venerdì 26 febbraio 2010

Giant Sand - Chore of Enchantment (Thrill Jokey Records 1990)



Storia (romanzata) di una vita spezzata e di un disco perfetto.



Quando dissero ad Howe che il bruco era morto capì, che da quel momento, niente più sarebbe stato lo stesso. Non poteva essere vero, no, avrebbe dovuto svegliarsi da quell' incubo. Ma mentre il sole continuava il suo cammino, un corpo che fù, lasciava spazio all' anima. Libera come il sussurro pronunciato appena dopo un pensiero.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.


L' amico di Howe si chiama Rainer, è arrivato a Tucson da Chicago, e prima ancora da Berlino. Insieme suonano e vivono le polverose giornate dell' Arizona. Brucosabbia gigante è il nome che affibbiano alla creatura: un combo sperimentale di rock country punk e strumenti giocattolo che suona in baracche ai confini con il deserto.


Quando Howe decide di muoversi verso New York, Rainer non segue il gruppo e rimane a Tucson. Lo fa' per la famiglia, per non rompere quel tenero equilibrio appena creato.
Senza il bruco, la sigla della band si accorcia in sabbia gigante e continua a spargere granelli di polvere.

Rainer intanto sviluppa un sensazionale finger-picking acustico ,con slide, senza riconoscimenti commerciali ma molto apprezzato dagli addetti ai lavori. Howe insieme a Joey Burns e John Convertino e moltissimi amici, incide una miriade di dischi con un pizzico in più di successo rispetto a Rainer ma sempre sbucciando l' album perfetto: le canzoni ci sono, ma sono accennate, spesso nascoste, amalgamate insieme alle sperimentazioni del gruppo. D' altronde l' anima alternativa della band è sempre presente.
Mentre incide dischi a suo nome, Rainer partecipa spesso alle registrazioni degli album di Howe suonando il dobro, il fiddle e la slide e l' amicizia continua.
Poi nel 1998 dopo 2 anni di malattia, il bruco si spenge per un tumore al cervello.
Howe vive nell' irripetibile e mentre l' incubo trascende nel dolore, la musica per Rainer vola libera come sabbia al vento. Il disco è un incanto, un atto d' amore per il bruco ormai farfalla.


Ogni canzone di "Chore of Enchantment" è un piccolo capolavoro sorretto dalla magia irripetibile del momento, dal dolore guida che scava dentro, con tante ballate polverose a bagno nella nostalgia, tanti piccoli granelli giganti sulla spiaggia, proprio come quelli di Neil Young di "On the Beach".
Niente sarà più così. John e Joey traslocheranno definitivamente a Calexico mentre Howe metterà sabbia gigante svedese nel sacco, insieme a scontrosi e conturbanti progretti paralleli.

Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.


Le libertà letterarie che mi sono preso sono molte, ma sono emotivamente legato a questo disco per ragioni personali.
[in corsivo "Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi" di Cesare Pavese]

PERSONNEL

Howe Gelb Toys with guitar, piano and sung some hum
John Convertino Drums some drum
Joe Burns Strum bass strum
Juliana Hatfield Backing vocals (6)
Sofie Albertsen Gelb Backing vocals (9,15)
Jim Dickinson Mellotron (2) Piano, Organ (11)
John Parish Piano, Pump Organ (15) Door Shutter (16)
Kevin Salem 2nd Lead guitar (3) Acoustic (4) Mellotron (9)
Susan Marshall-Powell Backing vocals (4,11)
Jackie Johnson Backing vocals (4,11)
William Brown Backing vocals (4)
Rich Mercurio Drums (4,9)
John Abbey Bass (4,8,12)
Rob Arthur Mellotron (4) Organ (9,12)
Nick Luca Piano (5)
Neil Harry Pedal Steel (7)
Alan Bezozi Drum loop (8)
Scott Loder Bass (9)
David Mansfield Pedal steel (9,12) banjo (9)
Lydia Kavanaugh Backing vocals (12)
Paula Brown Bass, backing vocals (13)
Rainer Slide (16)


1 Overture 0:48 Gelb
2 (Well) Dusted (For The Millenium) 4:37 Gelb
3 Under A Punishing Sun 3:14 Gelb
4 X-tra Wide 3:24 Gelb
5 1972 1:02 Gelb
6 Temptation Of Egg 3:35 Gelb
7 Raw 3:29 Gelb
8 Wolfy 4:22 Gelb
9 Shiver 4:00 Gelb
10 Dirty From The Rain 3:34 Gelb
11 Astonished (In Memphis) 4:47 Gelb
12 No Reply 4:34 Gelb
13 Satellite 6:45 Gelb
14 Bottom Line Man 4:41 Gelb
15 Way To End The Day 4:47 Gelb
16 Shrine 0:59 Rainer Ptacek









Hammerhead - Into The Vortex (Amphetamine Reptile, 1994)


Niente folletti, niente foreste, ne tantomeno deserti.
Nessun blues, nessun virtuosismo, ne tantomeno pentatoniche.
Nessuna carriera, nessun successo e, nessuna storia.
Una meteora nel vortice, ecco.
Una scheggia nel buio, a velocità supersonica e poi, repentina immota in assenza di gravità.
Brutale-aliena-antisociale-deviata-deviante-grezza-sudata-profonda-buia-buio-oscurità-spazio.
Un trio al limite, un "experience" propulsiva da Plutone.
"Into the Vortex" è la seconda fatica (escludendo split ed ep) per gli Hammerhead di Fargo, fin da subito trapiantati a Minneapolis per esigenze d' etichetta. Mamma Amphetamine Reptile Records abita proprio lì, e nasce nell' 86 dalla malata mente dell' ex-marine Tom Hazelmayer concedendo asilo alle più rumorose ed alienate band americane dei 90. (Nei ranghi dell' etichetta anche i Cows)





Paul Sanders: Guitar, Vocals
Jeff Mooridian Jr: Here come the drums
Paul Erickson: Bass, Vocals

1. Swallow
2. Starline Locomotive
3. Zesta
4. All This Is Yours
5. Brest
6. Double Negative
7. Empty Angel
8. Galaxy 66
9. Journey to the Center of Tetnus 4


martedì 23 febbraio 2010

Marianne Faithfull - Strange Weather (Island 1987)


Marianne è una donna fortunata.
Rapita nella Swingin London dall' entourage delle pietre rotolanti e fatta baronessa, e figlia di una baronessa lo è davvero, austriaca per l' esatezza.
Vicino alle pietre, sul podio della notorietà, Marianne canta con voce svampita di facce sorridenti e false lacrime, con voce effimera, dolce e candida. E, nel 1964 Marianne piace.

È bella, nobile, lo zucchero della nuova corrente.
Nella compagnia Stones Marianne nomina Jagger suo cavaliere, o meglio, Jagger si accaparra la giovane donzella.
Le feste viziose divampano e la coppia non se ne perde una.
La droga la elegge compagna, politicamente chiamata (sorella) Morfina, si tratta più precisamente dell' altro derivato dell' oppio, conosciuto come eroina. Marianne ne consegue una forte dipendenza che la spinge a tentativi di suicidio. Tutto si sgretola. Non piano ma velocemente: lo zucchero candido adesso è insaziabile caramello appiccicoso, e la brillante innocenza veste abiti neri pesanti di colpa. A consolidarla nella melma c'è anche la fine della relazione con Jagger.

Disintossicazioni e cure psichiatriche la costringono al ritiro dalle scene.
Riappare nel 1976, con l' album "Broken English" e la voce, quella voce, non è più la stessa.
"Una trasmutazione alchemica si è stabilita fra la vita di Marianne Faithfull e la sua voce. Tutte le disavventure e i dolori che ha patito, di qualunque genere, la voce li ha magicamente assorbiti e infallibilmente trasformati in qualcosa di ricco e strano." (David Dalton)

Anche se ci sono canzoni memorabili come la rilettura di "Working class hero" di Lennon, "Broken english" è colmo di tastiere stucchevoli e suoni vicini agli aridi anni 80. È con "Strange Weather" del 1987 che l' Araba Fenice spicca il volo.
Prodotto dall' acutissimo Hal Winner (musiconthecable ha parlato di lui nella recensione su Lucinda Williams QUI) il disco è un capolavoro della canzone d' autore Mitteleuropea.

Spesso definita la Marlene Dietrich dei giorni nostri, Marianne è una voce teatrale, profonda e conturbante, amica del signore nero con la falce. Sicura e spessa per difetto, vissuta, consunta, rauca e maliziosa. Secerne un caldo veleno protettore che scivola oltre, e fuma, nei freddi inverni europei e nei giorni dorati della memoria, ungendo le strade delle basite anime incontrate.
Donna Marianne ha espiato le sue colpe.










Personnel

Marianne Faithfull: vocals
Bill Frisell - Guitars
Michael Levine - Violin
Sharon Freeman - Piano
Fernando Saunders - Bass
Chris Hunter - Flute
Garth Hudson - Accordions
Dr. John - (credited as Mac Rebennack) - Piano
Robert Quine - Guitar
J.T. Lewis - Drums
Chris Hunter - Alto Saxophone
Steve Slagile - Alto Saxophone
William Schimmel - Accordion
Strings Arranged by Michael Gibbs
Horns Arranged by J.T. Lewis
Hal Willner - Producer
Assistant Engineers - Various
Tony Wright: cover and sleeve photography

"Stranger Intro" (Bill Frisell) – 0:31
"Boulevard of Broken Dreams" (Al Dubin, Harry Warren) – 3:04
"I Ain't Goin' Down To The Well No More"(Huddie Ledbetter, Alan Lomax, John Lomax) – 1:07
"Yesterdays" (Otto Harbach, Jerome Kern) – 2:53
"Sign of Judgement" (Kid Prince Moore) – 4:09
"Strange Weather" (Tom Waits, Kathleen Brennan) – 4:05
"Love, Life and Money" (Julius Dixon, Henry Glover) – 4:40
"I'll Keep It With Mine" (Bob Dylan) – 4:13
"Hello Stranger" (Doc Pomus, Dr. John credited as Mac Rebennack) – 2:30
"Penthouse Serenade" (Will Jason, Val Burton) – 2:34
"As Tears Go By" (Mick Jagger, Keith Richards, Andrew Loog Oldham) – 3:42
"A Stranger On Earth" (Sid Feller, Rick Ward) – 3:56







lunedì 22 febbraio 2010

Stefan Grossman - How To Play Blues Guitar (Shanachie 1990)


Stefan Grossman è uno dei miei maestri di chitarra virtuali.
Io però non sono uno studente modello, faccio sempre due o tre lezioni e poi sparisco per un bel pezzo.
Ma Stefan è clemente. E' sempre pronto ad accogliermi di nuovo. È come il babbo: ti dà tempo e ti offre sempre un' altra possibilità.
Nel 1990 insieme agli amici Joan Ann Kelly, Son House, John Renbourn, Sam Mitchell ed altri, Stefan registra questo disco-lezione di blues acustico.
La serie era iniziata nel 1966 con l'amica Rory Block.
Per Stefan vale lo stesso discorso fatto per Ry Cooder: è bianco, di buona famiglia ed è un appassionato di vecchi 78 giri degli anni 20. Questo amore lo guiderà nell' espolrazione facendo di lui un eccellente interprete con umile rispetto verso i vecchi bluesman.
Tra i pezzi del disco c'è una struggente versione di "Corrina, Corrina" di Bo Carter (anche Dylan l' ha incisa per il suo esordio), "Police Dog Blues" di Blind Blake, due pezzi di Skip James, "Crow Jane" cantata da Mike Cooper e "Hard Time Killing Floor" con la voce di Joan. Una "You're Not Goin' to Worry My Life Anymore" di Lightnin' Hopkins, qui chiamata "Someday Baby" e anche una certa "Assasination of John Fahey", ovvero il pezzo-risposta per "Assassination of Stefan Grossman" dell' amico-rivale Fahey.

Nel video di Youtube allegato Stefan suona un pezzo che non è presente nell' album, è posto solo per far capire il personaggio a chi non lo conosce.
Su youtube invece ci sono molte sue lezioni, anche recenti...se andate da lui a lezione, non fate come me..

Il disco presenta piccoli "glitch" (salti) su alcuni pezzi, per me trascurabili, per i più esigenti forse fastidiosi.

Mickey Baker Guitar, Vocals
Mike Cooper Guitar, Vocals
Stefan Grossman Guitar, Producer
Son House Vocals
Anita Karl Cover Design
Jo Ann Kelly Vocals
Nic Kinsey Engineer
Sam Mitchell Fiddle, Mandolin, Guitar (Steel), Slide Guitar
John Renbourn Guitar
Paul Rowan Harmonica
Robert Vosgien Digital Mastering


1. Yonder Comes The Blues [5:25]
2. Police Dog Blues [1:51]
3. Easy Street [3:46]
4. Ragtime Mama Blues [1:58]
5. Corrina, Corrina [2:41]
6. If You Haven't Any Hay, Don't Get On Down The Road [2:40]
7. Man Of My Own [3:15]
8. Assassination Of John Fahey [4:20]
9. Moon Goin' Down [3:52]
10. Ragged And Dirty [1:46]
11. Crow Jane [1:51]
12. Pallet On Your Floor [2:22]
13. Mississippi Blues #3 [3:28]
14. New Pony Blues [3:03]
15. You Got The Pocket Book, I Got The Key [1:49]
16. Someday Baby [3:24]
17. Juicy Lucy [2:54]
18. Hard Time Killin' Floor [4:03]
19. Belzona Blues [3:22]
20. Oh, Babe Ain't No Lie [3:10]
21. Special Rider Blues [4:07]
22. Weeping Willow [3:25]
23. Wake Up Mama [2:39]

sabato 20 febbraio 2010

Lonnie Johnson (With Elmer Snowden) - Blues & Ballads (Prestige Bluesville 1960)


Il blues al vertice.
Lonnie Johnson suona blues dal 1917 e anche da prima. Da solo, con il fratello (unico superstite della famiglia decimata dal raffreddore) e con tanti grandi. Louis Armstrong, Bessie Smith e Duke Ellington solo per citarne tre.
La sua carriera prende quota nel biennio 20-30, poi gradualmente svanisce, e Lonnie ritorna al lavoro operaio per i bianchi americani.

Alla fine degli anni 50 grazie al rinnovato interesse per il blues scaturito dal nuovo movimento folk (musiconthecable ne ha parlato QUI) Lonnie ritorna in pista.
Blues and Ballads è uno struggente atto d' amore di Lonnie al blues.
Nell' opera lo aiutano Elmer Snowden alla chitarra acustica e Wendell Marshall al contrabbasso. La registrazione è perfetta, in studio, nel 1960 e, senza il sostegno della batteria, Lonnie canta con voce poetica e dispensa note-gioiello alla chitarra elettrica.


Nell' arida terra, Tra le perfidie, Sotto il letto, E Per le strade, In braccio alla luna, Ai tuoi giorni...Regala il blues
Mentre scappi, Rincorso dai cani dell' inferno, E nella gioia, E quando ami, Ai tuoi giorni...Regala il blues

HAUNTED HOUSE
Yes, my house is gettin’ haunted, Blue Ghost is all around.
Yes, my house is gettin’ haunted, Blue Ghost is all around.
I feel cold arms around me, my blues is easin’ down.

I been in this haunted house, for six long months today.
I been in this haunted house, for six long months today.
The Blue Ghost is got my house surrounded, yes and I can’t get away.

Black cat and a owl, comes to keep my company.
Black cat and a owl, comes to keep my company.
They understands my sorrows, and they sympathize with me.
Find More lyrics at www.sweetslyrics.com

Yeah! [spoken words – Lonnie Johnson]

I feel cold arms around me, and ice lips upon my cheeks.
I feel cold arms around me, and ice lips upon my cheeks.
And so many lonely nights and cold nights, I can here my dead lover plainly speak.

She says, “I’m dead and gone, but I’ll always be by your side.
Yes, I’m dead and gone, but I’ll always be by your side.
I will haunt the woman who dares, if she don’t treat you right.”



I FOUND A DREAM
I found a dream, and it really came true.
I found a dream, when I found you.

My love for you, it couldn't be wrong.
My heart cries for you, and for you alone.

I lie awake, waiting for day to break,
Just hoping you would come along.
Said to myself, I say to myself,
That true love can't be wrong.

I found a dream, and it really came true.
I found happiness, when I fell in love with you.

I lie awake, waiting for day to break,
Just hoping you would come along.
And I said to myself, yes, I said to myself,
That true love can't be wrong.

I found a dream, and it really came true.
I found happiness, when I fell in love with you.

Credits:

Lonnie Johnson (electric guitar, vocals)
Elmer Snowden (guitar)
Wendell Marshall (bass)

Haunted House
Memories Of You
Blues For Chris
I Found A Dream
St. Louis Blues
I'll Get Along Somehow
Savoy Blues
Back Water Blues
Elmer's Blues
Jelly Roll Baker

lunedì 15 febbraio 2010

Georges Ivanovitch Gurdjieff / Tsabropoulos - Chants, hymns and dances (ECM 2004)



Ci sono due strumenti che amano volare insieme. Sono il pianoforte e il violoncello.
In questo disco il pianista greco Vassilis Tsabropoulos, accompagnato dalla tedesca Anja Lechner al violoncello propone brani di Georges Ivanovitch Gurdjieff, un insolito personaggio del secolo passato.
Il disco è di una bellezza disarmante.





Vassilis Tsabropoulos: pianoforte
Anja Lechner: violoncello



Tracklist:
George I. Gurdjieff
1. Chant from a Holy Book
2. Bayaty
3. Prayer
4. Duduki
5. Interlude I
Vassilis Tsabropoulos
6. Trois Morceaux après des hymnes byzantins I
7. Trois Morceaux après des hymnes byzantins II
8. Trois Morceaux après des hymnes byzantins III
9. Dance
10. Chant
George I. Gurdjieff
11. Interlude II
12. Assyrian Women Mourners
13. Armenian Song
14. (No. 11)
15. Woman’s Prayer
16. Chant from a Holy Book, var. 1




domenica 14 febbraio 2010

C.O.B. - Spirit of Love (CBS -1971)


Saltate a piè pari la stucchevole prima canzone, quella che dà il titolo all' album e immergetevi nell' epica "Music of the Age", poi nella preziosa "Soft Touches of love". È un accogliente riposo, un invito al pensiero. Una sensazione, tante.
Flauti lontani e una voce che rincorre i semitoni. Ci sono voci lontane, ..sono persone? ..animali?..acqua,..tanta acqua. Ah non preoccuparti sei su "Banjo Land" !
Una polpettata di rigidi giri di valzer blues, vicino alla demenza. Bucolica e goliardica.
"Scranky Black Farmer" è l' ipnosi.
Un lungo Trema-membra.
Gravi e possedute voci maschili mantrano infinite mentre banjo e fisarmonica smerlettano. Uuunbà uuundà-uuunbà uuundà ...
Sbiadisce come un vetro invecchiato "Eavining Air".
"Serpent Kiss" invece è un kraut-rock acustico! Il cosmo sopra di noi, ad occhi chiusi.
Nei COB milita Clive Palmer, originario fondatore della Famous Jug Band e poi membro della sensazionale Incredible String Band. Da quest' ultima Palmer si allontana "voglioso di proporre una musica meno estrema" (Antonello Cresti in "Fairest Isle" Aereostella 2009-pag. 78- Recensione musiconthecable QUI). Ma "Spirit of Love", come giustamente nota Antonello è lungi da essere disco tradizionalista, accarezzando ancora una volta le mille luci psichedeliche.


Michael Bennett Percussion, Keyboards, Vocals
Mickey "Tickey" Bennett Organ, Percussion, Arranger, Vocals, Voices, Washboard, Group Member
John Bidwell Organ, Banjo, Arranger, Keyboards, Recorder, Vocals, Voices, Dulcitone, Indian Organ, Group Member
Steve Bonnett Bass, Guitar (Bass)
Colin Caldwell Engineer
Gillian McPherson Voices
Ralph McTell Guitar, Drums, Producer, Liner Notes
Clive Palmer Banjo, Guitar, Arranger, Vocals, Guitar (12 String), Group Member
Ursula Smith Cello

1 Spirit of Love Bennett, Bidwell, Palmer 4:03
2 Music of the Ages Bennett, Bidwell, Palmer 3:53
3 Soft Touches of Love Bennett, Bidwell, Palmer 4:51
4 Banjo Land Traditional 3:35
5 Wade in the Water Bennett, Bidwell, Palmer 4:34
6 Scranky Black Farmer Traditional 4:36
7 Evening Air Bennett, Bidwell, Palmer 3:26
8 Serpent's Kiss Bennett, Bidwell, Palmer 3:59
9 Sweet Slavery Bennett, Bidwell, Palmer 5:11
10 When He Came Home Bennett, Bidwell, Palmer 3:58

venerdì 12 febbraio 2010

Mecki Mark Men - Mecki Mark Men (Philips 1967)


Millenovecentosessantasette.
Per i giovani americani è iniziata l' estate dell' amore e nella più elegante Inghilterra l' estasi psichedelica non risparmia nessun minore. Anche più a nord qualcosa pulsa. Lassù, quando il solstizio d' estate non permette riposo nè al sole nè all' uomo, ribollono perle di somma psichedelia, che si agganciano al nuovo corso come muschi alle rocce. La roccia Hendrixiana errante ed innarrestabile, sciogli-ghiaccio e professa-verbo è in tour proprio in Svezia. Vittima, come uno squalo può esserlo di un pesce parassita,
l' experience è affiancata da gruppi indigeni. Uno di questi si chiama Mecki Mark Men.

Sarà stata l' influenza di Jimi, ma questo loro esordio è davvero uno strabiliante frutto di psichedelia free-form nordica.
L' "opening" è un nebbioso risveglio di suoni d' organo chitarra fuzz riverberata e lento incedere di batteria. Un perfetto prologo.
La musica dei Mecki Mark Men si schiude come una vertigine stile Iron Butterfly, con organo acido e sinistro ("Get Up"), in dilatati rhythm'n'blues ("I Got it") e liberi pastiche modello Mothers of Invention ("I Had a Horse" e ancora di più "Love Feeling"). Proprio loro saranno gli Head-liner per Zappa nella sua tournée Svedese.
La musica è visione, con discese e volteggiamenti, rallentamenti e trilli e molle, capitomboli sulle pelli, risate estatiche, sussurri e sbuffi, mentre il rhythm'and'soul si spalma al di sotto.
Le strutture sono libere, in certi momenti vicino al jazz-rock Davisiano ("Enlightenment" e di nuovo "Love Feeling" con una chitarra classica in accenno al concerto di Aranjuez).
L' epilogo è davvero simmetrico al prologo, da un inizio di maelstrom elettrico sfuma via nei colori dell' aurora boreale.
Il disco è stato "rippato" dal vinile, quindi sarà facile udire i crepitii della puntina.

Mecki Bodenmark Organ, Vocals, Vibraphone
Bjorn Fredholm Conga, Drums
Thomas Gartz Drums, Sitar, Vibraphone
Hans Nordstrom Flute, Saxophone


Opening 2:45
Get Up 3:02
Free 4:07
I Got It 4:04
Love Your Life 4:12
I Had A Horse 3:33
Scream 3:45
Sweet Movin' 2:46
Enlightenment 3:44
Love Feeling 3:42
Please 4:09

giovedì 11 febbraio 2010

Ahmed Abdul-Malik - Easts meets west (RCA 1959)


Ahmed è di origini africane ma è nato a Brooklyn, nel 1927.
È un contrabbasissta e nelle sue corde respira il jazz. Prima di donare i propri servigi ad Art Blakey , Thelonious Monk e John Coltrane, Ahmed registra questo disco premonitore.
"Easts meets west" del 1959 è uno dei primi esperimenti di contaminazione musicale, una sorta di pre-world music, un hard bop jazz amalgamato nella musica africana.
Vengono suonati l' Oud, il darabouka e nodose scale mediorientali al violino insieme a jazzisti dall' illustre calibro che soffiano nei fiati.
Più che una contaminazione sembra un ritorno alle origini. Un acerbo frutto di musica 'afro-americana', categoria che arriverà ad imporsi negli anni del free.
L' idea è ai primordi e troverà miglior sviluppo l' anno successivo in dischi come "We Insist ! - Freedom Now" di Max Roach e consorte.
L' opera imprescindibile di Roach, immersa nei suoni dell' Africa nera, sarà una forte protesta verso l' arroganza bianca, elevando diritti e orgogli del popolo nero.
"Easts meets west" di Ahmed Malik invece accarezza i suoni mediorientali attraverso l' utilizzo del suono caleidoscopico dell' oud e del leggero rimbalzo sul darabouka. È così che in "E-lai (The Night)" si schiudono le porte ed il sax tenore americano di Benny Golson (o Johnny Griffin, non sò chi dei due) entra nel bazar. Al Harewood alla batteria lo incalza e lo sorregge nell' esplorazione. Sono due mondi lontani ormai per ritmi e armonie che si rincontrano e, affabilmente si contemplano.
La turca faccenda continua in "La Ibky (Don't cry)". I fiati volteggiano sulle cadenze della danza in ricerca armonica infinita.
Con una pausa di puro hard-bop ("Searchin'") presto si ritorna al connubio, in "Isma'a (Listen)" le due anime si sono ben registrate ed il ritmo sostenuto nè è la prova, l' alleanza è fatta.
"Rooh (The soul)" è l' apice caleidoscopio tra Oud e violino sopra un immobile linea dell' archetto di Malik.
"Mahawara (The Fugue)" è un lento cammino nel deserto, una fuga appunto. Una fuga verso il finale, "El Ghada (The jungle)", l' episodio più tribale del lotto. La giungla del mondo, dove tutto ha inizio.


Credits

Ahmed Abdul-Malik Bass, Oud
Bilal Abdurrahman Darabeka
Curtis Fuller Trombone
Benny Golson Sax (Tenor)
Johnny Griffin Sax (Tenor)
Ray Hall Engineer
Mike Hamway Darabeka
Al Harewood Drums
Naim Karacand Violin
Bernard Keville Engineer
Lee Morgan Trumpet
Jerome Richardson Flute
Lee Schapiro Producer
Ahmed Yetman Kanun


1 E-Lail (The Night) 4:22
2 La Ilbky (Don't Cry) 4:59
3 Takseem (Solo) 5:14
4 Searchin' 4:06
5 Isma'a (Listen) 4:20
6 Rooh (The Soul) 3:46
7 Mahawara 4:18
8 El Ghada [The Jungle] 3:07

martedì 9 febbraio 2010

Panama Limited - Indian Summer (Harvest 1970)




Mi sono avvicinato a questo disco attratto dalla desertica copertina. Credevo fossero un gruppo dell' Arizona o del Texas..niente di più errato. Sono inglesi, e forse forse ascoltando il disco me ne stavo accorgendo. Nella testa di Dennis Parker (voce, chitarra e banjo) e soci è comunque indubbia l' influenza delle minimali folk-songs americane, quelle dell' Anthology of American Folk Music di Harry Smith QUI,
In questo secondo ed ultimo disco, i Panama Limited (ex Jug Band) combinano folk esoterico alla Comus, riscontrabile nelle sonorità fattucchiere e nell' alternanza della voce uomo-donna e, blues sbilenco alla captain beefheart con ipnotici giri e scarne sgraziature; tutto, sguarnito di batteria. I mantra torvi e minacciosi ("Dangle Wild") sono invocati da scontri di violini e armoniche stridenti. Gli arroganti blues ("Moonshine") ridotti all' osso, vivono grazie al banjo ritmico e alla chitarra acustica, legnosissima, come quelle diffuse nel Delta americano.
Sicuramente i Panama Limited hanno assorbito la musica della casa delle bambole di Roger Chapman e famiglia, disco di due anni prima. E lo professano bene in "Citadel Chapters".
Solo in "Woman I love" un pò di luce fa' capolino, sospinta dalla ritmica leggera dell' acustica accompagnata dalla sola linea di basso (contrabbasso), oppure nel fox-trot bluegrass di "Laughing" a chiusura dell' album, ma nell' insieme si tratta di disco sinistro e misterioso, molto più vicino ai boschi di folletti che ai deserti di Cactus. E a pensarci bene era naturale che "Indian Summer" avesse i suoi natali in terra d' Albione!

GARY COMPTON hrmnca
PETE HOZZELL vcls
RON NEEDS mandolin
DENNIS PARKER ld vcls
ANNE MATTHEWS vcls

Tracklist:

01. Moonshine
02. Set Me Free
03. Citadel Chapters
04. Woman I Love
05. Dangle Wild
06. Eastern Man
07. Indian Summer
08. Future
09. Darkness Brings
10. Laughing


venerdì 5 febbraio 2010

NRBQ - All Hopped Up (Rounder 1977)


Misconosciuto gruppo del New Jersey, New York, gli NRBQ (New Rhythm Blues Quartet) suonano rock'n'roll, country-rock, jazz, blues, pop, e chi più ne ha ne metta.
Nascono a Miami, in Florida nel 1967, ma si spostano subito a New York. Nella loro lunghissima carriera, che dura tutt' oggi, non hanno avuto mai la giusta visibilità.
Ogni loro disco contiene canzoni memorabili con riff difficili da dimenticare. Chitarre chicken' e flat pickin', sax e piano blues in direzioni spesso free-jazz e un cantato sempre melodico fanno degli NRBQ una fabbrica di attraenti canzoni. Pescate a caso nella loro discografia e non rimarrete delusi. Sentiteli anche dal vivo, sono uno di quei gruppi che scintillano in versione live. Il disco in questione è del 1977, forse il periodo migliore per la band, ed è pubblicato dalla Rounder, poi ristampato dalla Line Records in vinile bianco.
"Rocket in my pocket" e "Ridin' in my Car" sono le canzoni che hanno avuto maggior eco, ma mai abbastanza per aumentare le loro vendite a livello nazionale. Le politiche economiche delle case discografiche sono sempre state una spina nel fianco per i NRBQ, costretti ad un continuo ricambio.
La fortuna sperata poteva arrivare con le session di Dylan per "Under the Red Sky", ma alla fine non se ne fece nulla e i pezzi rimasero sepolti.
In America comunque godono di un nutrito stuolo di fans grazie alle loro esibizioni eclettiche ed imprevedibili, spesso sfumate da una sottile linea umoristica che testimonia il loro approccio divertente/divertito alla musica.

Credits

Terry Adams Keyboards, Vocals, Wind
Al Anderson Guitar, Vocals
Tom Ardolino Drums
Jody St Nicholas Bass, Vocals
G.T. Stanley Drums


Tracks
Ridin' In My Car
It Feels Good
Cecilia
I Got a Rocket in My Pocket
Call Him Off, Rogers
Doctor's Wind
Things To You
Help Me Somebody
Still In School
Honey Hush
Queen Talk
Bonanza
That's Alright

martedì 2 febbraio 2010

Ry Cooder & David Lindley - The Family Tour Live 1995 (Bootleg)


Non è certo un dannato rocker Ryland. È un normalissimo ragazzo bianco di Santa Monica, California, con la passione per la chitarra. Suo padre, un amante della musica, gliene compra una alla tenera età di 10 anni. Per l' esattezza una Martin, con la quale Ryland si diverte ad emulare i suoi eroi. Quali eroi ?
Al ragazzo piacciono i bluesman del Delta, come Leadbelly, Sleepy John Eates, Blind Willie Johnson, John Lee Hooker e soprattutto il Reverendo Gary Davis. Poi è attratto anche dalle storie folk di Woody Guthrie e Pete Seeger. Tutto quello che cerca di studiare in questi musicisti non é tanto la tecnica, ma l' atmosfera autentica che esce dal loro modo di suonare. In tutta la sua lunga e apprezzata carriera è ben presente in Ryland il concetto di originalità. È convinto che non potrà mai essere un John Lee Hooker o un Robert Johnson perchè, non essendo nato nel posto giusto e al momento giusto, non avrà mai la stessa esperienza di vita. L' ambiente in cui nasce la musica per Cooder è fondamentale; proprio questo lo spingerà ad essere più musicologo che musicista, attraversando il pianeta in cerca di talenti indigeni sconosciuti.
Il suo impegno nel bussiness della musica inizia presso il locale Ash Groove di Los Angeles. Grazie alle sue qualità chitarristiche diventa un session-man (guardate QUI); le richieste di collaborazione sono molte, e proprio all' Ash Groove stringe amicizia con i futuri membri del suo primo gruppo.

Nei Rising Sons Cooder suonerà con Taj Mahal, Jesse Lee Kincaid, Gary Marker e Kevin Kelley. Le loro registrazioni del 1966 vedranno la luce solo nel 1992 con una pubblicazione della Sony/Columbia.
Terminati i Rising Sons, Cooder continua le collaborazioni; arriva sino alla corte degli Stones attraverso Gram Parson, all' epoca amico di Keith Richards. Rifiuta l' invito di entrare nella band a sostituire il defunto Brian Jones e intraprende la propria carriera solista. Se escludiamo le molte colonne sonore, ad oggi si contano più o meno una ventina di dischi a suo nome.
Ritornando agli anni 60, tra gli amici dell' Ash Groove c'è anche un certo David Lindley, futuro membro dei sensazionali Kaleidoscope (musiconthecable ne ha parlato QUI).
Pur essendo affini come ricercatori del suono, la loro prima collaborazione avviene solo nel 1978. Lindley suona nei dischi solisti di Cooder con chitarra, mandolino, banjo e violino. Tra i due c' è un affiatamento incredibile che trova il suo zenith nell' affascinante musica realizzata per il film di Wenders "Paris, Texas". Lindley in questo disco suona la chitarra, mentre Cooder si dedica al Bootleneck (slide con collo rotto di bottiglia-come i bluesman del Delta).
A conferma del talento dei due, credo aiuti sapere che le musiche del film sono state realizzate in una sola settimana..un pò come ha fatto anni più tardi Neil Young per musicare "Dead man", il film di Jarmush. Tra parentesi, Cooder ha suonato anche nel primo disco solista di Young, ma tra i due, a dispetto di tutti gli artisti con i quali Cooder ha collaborato, non corre buon sangue. C'è da dire però che Young non è mai stato contento di quel disco. Secondo Young ci furono troppe sovraincisioni in studio con una conseguente opacità nel risultato finale. Da lì in poi Young, registrerà principalmente in presa diretta. Ma questa è un' altra storia, chiusa parentesi.
Questo bootleg di Cooder e Lindley qui proposto è un concerto del 1995 a Vienna, a conferma del feeling suddetto tra i due personaggi.
Ci sono versioni da brivido di "Goodnight Irene", "All Shook Up" e naturalmente "Paris, Texas" che scivola in una sinuosa "Vigilante Man".
Pur essendo un bootleg la registrazione è ottima; questo ci aiuta a percepire la bellezza delle esecuzioni, spesso sospese su note sfumanti e pause d' atmosfera.
Ad accompagnare Cooder e Lindley ci sono rispettivamente il figlio (Joachim) alle percussioni e la figlia (Rosanne) alla splendida voce. La serie di concerti eseguiti al periodo furono battezzati appunto "The Family Tour"...e che famiglia gente!




Ry Cooder : Vocals, Guitar, Accordian, Bouzouki, Tambour, Mandolin
Joachim Cooder : Drums, Percussion
David Lindley : Vocals, Guitar, Bajo-sexto, Bouzouki, Tambour
Rosanne Lindley : Vocals, Guitar



State Opera House
Vienna Austria
06 JUL 1995
Remastered By Bruno

Disc One (69:25)
1. Intro
2. The Promised Land
3. Jesus On The Mainline
4. Mercury Blues
5. Afanderfendrou (Madagascar trad.)
6. Shebegsshemor
7. Paris Texas >
8. Vigilante Man
9. All Shook Up
10. The Girls From Texas
11. How Can A Poor Man Stand Such Times And Live
12. Leave Home

Disc Two (69:57)
1. The Highway Is My Home
2. Chauffeur Blues
3. Ain't No Way, Baby
4. Feel Like Breaking Up Somebody's Home
5. Little Sister
6. Play It All Night Long
7. If Walls Could Talk
8. Hold That Snake Till I Make It
9. Talk To The Lawyer
10. Good Night Irene
11. The Very Things That Make You Rich (Makes Me Poor)
12. Do You Want My Job ?