sabato 30 gennaio 2010

Pete Molinari - A Virtual Landslide (Damaged Goods-2008)


Per cambiare una volta per tutte stato d' animo mi sono fatto aiutare da Pete.
Pete ha un dono dalla nascita : la voce. Chiara e brillante con tono adolescente per l' eternità. Per Pete la musica si è fermata nei '50, con le canzoni d' amore di Buddy Holly, il gelato-pomiciata al drive-in, i fortori del cuore in fiamme e le delusioni che ne conseguono.
Suonato senza uno sbaffo "A virtual Landslide" del 2008 è un dolce, mai stucchevole, compendio di canzoni che scorrono fluide e naturali. Pete suona la sua chitarra senza strafare e incastra delle melodie irresistibili con semplici accordi. Vengono sprecati paragoni con il Dylan menestrello o con il Pete Seeger del Village, ma a dirla tutta secondo me non ci sono veri collegamenti se non l' affinità di essere anch'esso uomo con chitarra e armonica..quello che stupisce in Pete Molinari è il fatto di aver inciso un disco di canzoni con una freschezza di stile inconsueta per il genere revival.


Le mie preferite: "I don't like the man that I am" e "Lest we Forget", due canzoni splendide che avrei tanto voluto scrivere io.


1. It Came Out Of The Wilderness
2. Oh So Lonesome For You
3. Adelaine
4. One Stolen Moment
5. There She Still Remains
6. Hallelujah Blues
7. Look What I Made
8. God Damn Lonesome Blues
9. I Don't Like The Man That I Am
10. Absolutely Sweet Louise
11. Dear Angelina
12. Lest We Forget


Ash Ra Tempel - Ash Ra Tempel (Ohr 1971)


Non mi è ancora passata la sbronza con le mucche. Non mi sono bastati gli Spaceman 3, ci ribadisco di Ash Ra Tempel. Precisamente con il disco omonimo del 1971, nonchè esordio a sigla Ash Ra Tempel.
Proclamano anch' essi il distacco.
Profondamente psichedelico e spaziale il primo unico pezzo del lato : "Amboss". Il signor Shulze ai tamburi come nel primo pre-Kraftwerk "Tone Float" (QUI) e nel primo Tangerine "Electronic Meditation", rimbalza sulle pelli, senza pausa, come un treno dove il vapore è rappresentato dalla chitarra del leader(?) Manuel Göttsching. Il pezzo è una suite, senza riff. Solo un movimento. L' avanguardia classica tedesca trasportata nel rock. Ma il rock tedesco non è rock. È più sù. È cosmo. Nel lato B il nero soffitto di stelle si chiama "Traummaschine" ed è immateriale. Protagonista assoluto è il sintetizzatore, ed è suonato dallo spirito.

Performed by:

Manuel Göttsching
Hartmut Enke
Klaus Schulze

1. Amboss 19:40
2. Traummaschine 25:24



Spaceman 3 - Playing with the fire (Fire 1989)


Dopo la furia mi immergo nella calda alcova degli Spaceman 3.
Mmh..che bel pratino si son coltivati questi giovani. Ovattano, lubrificano e colorano il fiume che discende nel vortice. Senza fine ed inizio. Sfilano davanti. Eleganti alla dipartita. Ritornano, sotto bolle di leggero pastiche.
La loro musica è un battito cardiaco. Lento, oppiato, ma dritto alla luce.
"Tell me how does it feel ? "

Poi, con una brusca inversione arriva una " Black to Comm" al fulmicotone. Che qui si chiama "Revolution".

Well look out

Well I’m sick
I’m so sick
Of a lot of people
Tryin’ to tell me
What I can and can’t do
With my life

And I’m tired
I’m so tired
Of a lot of people
In a lot of high places
Don’t want you and me
To enjoy ourselves

Well I’m through with people
Who can’t get off their arse
To help themselves change this government
And better this society
‘Cos it’s shit

But hold on a second
I smell burning
And I see a change
Comin’ ‘round the bend
And I suggest to you
That it takes
Just five seconds
Just five seconds
Of decision
To realise
That the time
Is right
To start thinkin’ about
A little…
Revolution!

William Carruthers Guitar (Bass)
Jason Guitar, Vocals, Audio Production
Jason Pierce Guitar, Vocals, Producer
Sonic Boom Guitar, Vocals, Audio Production
Sonic Guitar, Vocals, Producer


1. Honey
2. Come Down Softly To My Soul
3. How Does It Feel?
4. I Believe It
5. Revolution
6. Let Me Down Gently
7. So Hot (Wash Away All Of My Tears)
8. Suicide
9. Lord Can You Hear Me?
10. Suicide (live)
11. Repeater (How Does It Feel?)
12. Chè
13. May The Circle Be Unbroken



venerdì 29 gennaio 2010

Cows - Orphan's Tragedy (Amphetamine Reptile Records 1994)


Digrigno i denti mentre gli occhi si infiammano. Avrei voglia di mordere mentre la mia pancia avvampa di follia. Sono un pazzo alienato sorvegliato dalla ragionevolezza. Speriamo di non schizzare mai. C'è una fottuttissima rabbia che mi trasuda nelle mani. Mi fanno schifo una bella sfilza di persone, io per primo. Sono in illuso. Illuso di avere un rapporto con la realtà-ma chi cazzo lo vuole un rapporto con la realtà-io non ci sono-sputo e rimangio. Che sguaiato..sono allergico al decoro. Chiedimi qualcosa e mi farò in quattro-no non voglio niente da te grazie.
Menomale che ci sono le mucche a capirmi !
Originari di Minneapolis i Cows sono il gruppo più oltraggioso e dirompente dei '90. Con il criminale Shannon Selberg alla voce e l' autodidatta violentatore delle corde
Thor Eisenstrager i Cows sprofondano pesanti dentro le nostre teste dando voce alle follie che vi sguazzano silenziose. Imponenti, chiassosi, sgraziati, allucinati e inimitati sono i mentori di tutta l' intellighenzia sottoproletaria.
Li ho visti dirompere le orecchie del pubblico al Bloom di Mezzago nel lontano 1993 (o 1994 non ricordo bene), frangere e spezzetare le colonne del blues, scaltrire la musica del passato senza conoscere una nota. Creativi e con impulsi omicidi le mucche realizzano rotolanti furie rumoriste nel rispetto della canzone.
Quanto alle canzoni del disco, beh..ascoltatele.



Band:
Shannon Selberg – Vocals, Horns
Kevin Rutmanis – Bass
Thor Eisentrager – Guitar
Freddy Votel – Drums

1. Cow Island 3:08
2. Pussy Is A Monarchy 3:59
3. Orphan's Tragedy 3:16
4. Allergic To Myself 3:08
5. Unrefixed 1:16
6. The Bucket 2:30
7. Pickled Garbage Soup 4:54
8. I'm Both 3:09
9. Witch Hunt 3:29
10. Taxi 2:47
11. Baby Love 2:26
12. My Bob 4:03
13. Shot Down 4:18
14. Smell Shelf 6:23




mercoledì 27 gennaio 2010

Cuco Sanchez - 20 de Collecion (Sony International 1995)



11 anni fa' andai in Messico per la mia seconda volta e nel mio viaggio solitario mi attrezzai con walkman e una bustata di cassette. Tra la crepata memoria ricordo di aver scelto "And the circus leaves town" dei Kyuss e "Happy Trails" dei Quicksilver Messenger Service per le mie passeggiate desertiche,
"Tommy" degli Who e "Surrealistic Pillow" dei Jefferson Airplane per non rimanere senza i classici, "Into the vortex" degli Hammerhead (gruppo della Amphetamine Reptile Records) per l' alienazione bucolica prevista dopo le bevute e sopra tutti "Paris, Texas" di Ry Cooder che tra slide sognante e canzoni ranchere doveva accompagnarmi nei luoghi più emotivi.
È stata proprio "Cancion Mixteca" presente in questo ultimo disco ad aprirmi le porte per l' esplorazione della musica messicana.
Parlando con i Mariachi di Ciudad de Mexico venni a conoscenza di altre versioni di questa stupenda canzone scritta da Josè Lopez Alavés.
Comprai così Antonino Aguilar che ne eseguiva una versione con orchestra mariachi; interessante ma senza dubbio meno struggente di quella cantata da Harry Dean Stanton sul disco di Cooder.
In cerca di commozione la mia ricerca mi condusse sulla strada di Cuco.
Cuco Sanchez è una voce incredibilmente emotiva della musica ranchera messicana. Non ricordo dove lo lessi, ma viene detto che in questa terra quando il dolore è troppo forte da contenere, trova sfogo nel canto. E che struggente turbamento, che pietà, che tenerezza, che gioia trasuda nella voce di Cuco. Per grazia ricevuta dal cantore "immensa nostalgia invade mi pensamiento" lasciandomi gioia amara del tempo che scorre.
Cuco nasce nel 1921 a Tamaulipas in Altamira, lo stato più a Nord che si affaccia sul golfo del Messico. Insieme agli altri stati di confine è zona battuta dalla guerra contro gli Americani a metà ottocento per il dominio delle terre. La musica ranchera trova origini in questo periodo e si sviluppa definitivamente dopo la rivoluzione Messicana del 1910. Le liriche sono così spesso intrigate da tragedie d' amore e storie popolari. Talvolta le canzoni venivano utilizzate per far conoscere al pueblo del Sud gli avvenimenti bellici del Nord.( Internet non c' era!).


1. Cama De Piedra (2:12)
2. Anoche Estuve Llorando (3:20)
3. Arrieros Somos (2:28)
4. Corazon Apasionado (3:34)
5. La Que Sea (2:40)
6. Te Parto El Alma (2:18)
7. Que Si Te Quiero? Juralo (2:34)
8. Que Manera De Perder (2:20)
9. No Soy Monedita De Oro (3:08)
10. La Sanmarquena (2:46)
11. Anillo De Compromiso (3:13)
12. Del Cielo Cayo Una Rosa (2:54)
13. El Mil Amores (2:03)
14. Te Amare Vida Mia (2:53)
15. Pa'que Me Sirve La Vida (2:42)
16. Gritenme Piedras Del Campo (2:56)
17. Guitarras, Lloren Guitarras (2:42)
18. Fallaste Corazon (2:50)
19. Imposible (2:10)
20. Cancion Mixteca (3:05)







martedì 26 gennaio 2010

Moby Grape - The Place and The Time (Sundazed 2009)


I Moby Grape non sono stati molto fortunati. Partiti in pompa magna a cavallo del nuovo corso del Rock Californiano incidono nel 1967 un bellissimo esordio omonimo.
Tre chitarre, più sezione ritmica. Una delle tre è la ritmica di Skip Spence, batterista dei Jefferson Airplane nel loro primo disco "Takes Off". (Musiconthecable ha recensito il suo imperdibile esordio solista QUA).
Nei Grape i componenti sono tutti autori per i pezzi. Senza un leader definito il suono è un alchimia rock ricca di invenzioni in un magico equilibrio. Rhythm and Blues, Country-Rock e armonie vocali si impastano con la fresca e rigogliosa psichedelia del periodo.
Fin da subito scelte di management sbagliate e dissidi interni, spesso causati dall' uso massiccio di droga (Spence su tutti) minano la sperata esplosione della band. Partecipano al festival di Monterey, prima vetrina per il carrozzone del nuovo rock, ma per i soliti problemi legali non apparirano nel film di P.A. Pennebaker.
La crisi si manifesta già dal secondo disco; in Wow/Grape Jam del 1968 anche se continuano ad esserci grandi pezzi, diminuisce nell' insieme l' ispirata spontaneità dell' esordio. A complicare il gioco c'è Spence che inizia a cambiare radicalmente atteggiamento per le dosi equine di LSD da lui ingerite. Dal terzo disco in poi Spence non c'è più e con lui vola via anche l' equilibrio della band.

Solo nel primo disco, in effetti si percepisce la forza del gruppo. Ma finalmente una compilation della Sundazed Records che racchiude outtakes demo e versioni live del periodo 1967-1968 risolleva il condotto uditivo dei fans. I pezzi di "The place and the time" erano già stati pubblicati proprio dalla Sundazed nelle ristampe arricchite dei loro dischi; qui però sono racchiuse in unico cd o per i più fortunati in quattro facciate viniliche.
Si parte subito alla grande con un' irresistibile composizione di Spence, "Indifference" è un boogie-blues con carica Motown, quasi a presagire il terremoto MC5; molto più incisivo rispetto alla versione in studio del primo LP.
Le composizioni conquistano spesso con gli intarsi delle tre chitarre e con le combinazioni vocali senza costrizioni, ad esempio in "Looper", oppure nella splendida "Sweet Ride" rock-song in levare con un finale da brivido con assoli ascendenti e suoni Jeffersoniani.

"Loosely Remembered" è un blues trascinante, di marcato impeto soul, che evidenzia le doti dei tre chitarristi, Jerry Miller alla solista e Peter Lewis e Skip Spence alle ruggenti ritmiche.
"The Place and the Time" è puro suono Cream in terra Americana, riff impetuoso e intermezzo arpeggiato sopra i cori. Fantastico.
"Seeing", composizione di Spence, alterna momenti di rock granuloso a stralci onirici con mugolii ed urla lontane. È un concetto che troverà miglior sviluppo in "OAR".
"What's to Choose" è una ballad in bilico tra pop e country, ma sono le scie psichedeliche delle chitarre a renderla irresistibile.
"Soul Stew" è una "Mr. Soul" spogliata di maniere gentili. Arrogante e diretta. Sembra davvero che i Moby Grape prima di Frisco abbiano alloggiato in qualche club di Detroit !

Per capire meglio che cosa potevano essere i Moby Grape all' epoca, arrivano in aiuto i pezzi dal vivo. Entusiasmanti e anfetaminici come "Rounder", blues psichedelici come "Miller's Blues" o blues mischiati di soul come "Soul Stew" , folk-rock sonici come "Changes" o "Looper". Dal vivo sono davvero una garanzia.
Unico tassello fuori posto a mio avviso è la zuccherosa ed ingenua "It's a beautiful day today", mi ricorda la canzone cantata da quello studente in Animal House che Belushi segherà di netto con la frantumazione dello strumento.



Personnel

Peter Lewis – rhythm guitar, vocals
Bob Mosley – bass, vocals
Jerry Miller – lead guitar, vocals
Skip Spence – rhythm guitar, vocals
Don Stevenson – drums, vocals

Part 1

1. Indifference (audition version - mono)
2. Looper (audition version - mono)
3. Stop (demo)
4. Rounder (instrumental outtake)
5. Sweet Ride (Never Again) (unedited)
6. Loosely Remembered (demo)
7. The Place and the Time (alternate version)
8. Bitter Wind (alternative version #2)
9. Seeing (alternate version)
10. What's to Choose (alternative version #2)
11. Miller's Blues (alternate version)
12. Soul Stew (demo)
13. If You Can't Learn from My Mistakes (solo demo version)
14. You Can Do Anything (demo)
15. Skip's Song (demo version of "Seeing")
16. It's a Beautiful Day Today (demo version)
17. What's to Choose (alternative version #1)
18. Hoochie (demo version)
19. Big (edited version)
20. Rounder (live)
21. Miller's Blues (live)
22. Changes (live)
23. Looper (demo version)
24. Soul Stew (instrumental outtake)
25. Cockatoo Blues (demo version of "Tongue-Tied")


Part 2

26. Looper (audition version - stereo)
27. Bitter Wind (alternative version #1)
28. Studio Chatter (with Arthur Godfrey)
29. Big (unedited version)
30. Truly Fine Citizen Radio Spot
31. Fall on You (unedited version)
32. 8:05 (unedited version)
33. Someday (unedited version)
34. Sweet Ride (edited version)
35. Hey Grandma (single version - mono)
36. Omaha (single version - mono)











domenica 24 gennaio 2010

Subhumans - EP/LP (BLUURG 1986)


Era un pò che non ascoltavo "Curtains" di Frusciante e anche stavolta le sue canzoni si sono annodate nei miei pensieri, così mi sono fatto una bella doccia fredda con i risolutori Subhumans.


In soffitta, allo stereo. In giorni tempestosi posizionavo le casse, una di fronte all' altra, a mezzo metro di distanza. Io ci stavo dentro ad ascoltare EP/LP dei Subhumans a tutta randa.
Brutale violentamento punk.

Ai loro concerti è tutt' un pascolo animale. Può davvero succedere l' irreparabile . Il cantante Dick Lucas, sfrontato-soldato punk, sbraita ininterrottamente, anche se risucchiato dalla folla rabbiosa.
La chitarra killer-sonica di Bruce sforna riff implacabili. Basso rigorosamente plettrato e batteria marciano truci e profondi. Vero furore punk. Spunti di hardcore si alternano a reagge-punk di periferia, rallentamenti e accellarazioni improvvise sotto folli urla bestiali.
Il risultato è garantito, le melodie di Frusciante vengono spazzate via dai loro proclami alienati. Guerra, emarginazione, rabbia e orgoglio nichilista convivono senza compromessi.

La critica li ha sempre dimenticati, ma gli imperterriti Subhumans tutt' oggi si riformano ad ogni nuovo concerto, pronti a violentare i nuovi adepti alla causa. Energici come nel lontano 1979. Guardatevi i video di oggi, per loro il ventennio non è trascorso. Stessa ferocia e medesima bolgia animale. E pensare che nel 1979 suonavano (come tanti altri) credendo che non ci fosse domani !

I Subhumans sono un gruppo inglese di Trowbridge, Wiltshire.
Il loro primo LP è del 1983 ("The Day the Country Died"). EP/LP racchiude invece i loro primi quattro tormentosi EP.

Per non dimenticare da dove provengo!


Track listing
1. Parasites
2. Drugs Of Youth
3. Animal
4. Society
5. Who's Gonna Fight In The Third World War
6. Human Error
7. Big City
8. Peroxide
9. Reason For Existence
10. Cancer
11. Religious Wars
12. Love Is...
13. It's Gonna Get Worse
14. Work Experience
15. Evolution
16. So Much Money
17. Germ
18. Not Me



giovedì 21 gennaio 2010

John Frusciante - Curtains (Record Collection Music 2004)


Ho un debole per questo eterno ragazzo, forse per quella simpatica lisca nella pronuncia, o per l' eterna inquietudine che l' accompagna, oppure per aver intrapreso strade difficili e solitarie, non sò.
Per chi lo conosce frizzante, groove ed elettrico nei Red Hot Chili Peppers rimarrà sorpreso e forse basito all' ascolto di "Curtains".
Qui John Frusciante veste pressoché abiti acustici per disegnare scenari molto intimi e personali. Dunque i protagonisti sono il corpo/chitarra e lo spirito/parole.
Se avete una mezz' oretta e poco più da dedicare al vostro cuore questo è uno dei possibili dischi per l' occasione.
"Curtains" chiude il ciclo dei 6 dischi registrati in 6 mesi dal chitarrista. La Record Collection (questo il nome dell' opera intrapresa dal giugno 2004 al gennaio 2005) esplora da prima il pop-rock con "The Will To Death" e "DC EP", poi il rumore sperimentale e psichedelico con "Ataxia" (insieme a Joe Lally, bassista dei Fugazi), infine i riff hard-glam-rock con "Inside Of Emptiness" e l' inumana elettronica con "A Sphere in the Heart of Silence".
Pur avendo girovagato nel dedalo dell' opera il mio orecchio/cuore si è subito soffermato su "Curtains".
Considerato dai fans il seguito del precedente "Shadows Collide With People", il disco presenta l' autore in evoluzione-maturazione con istinto sperimentale, (onnipresente nell' opera di Frusciante), sintetizzato al minimo. A me personalmente piacciono molto le elucubrazioni casalinghe dei dischi precedenti, (sorrette di frequente da chimica estranea nel corpo) ma, dentro "Curtains" si percepisce lo sforzo di dar risalto alle canzoni.

Canzoni che sono per la maggior parte scritte in prima persona, con eccezione di qualche pronome personale. Tutte quindi autobiografiche e, se conoscete il passato di Frusciante capirete le sue paure fin dalla prima frase pronunciata :

And then the past recedes
and I won't be involved

(e dunque il passato si ritira
e non voglio essere coinvolto)

The effort to be free
Seems pointless from above

(lo sforzo di essere liberi
sembra inutile dall' alto)

Sensibile e spaventato John Frusciante cerca equilibrio tra fragilità e distruzione, è una lotta continua alla ricerca di qualcosa che non c' è. E per lui non c' è, o almeno questo è quello dice :

There wasn't anything for me
I always faked my smile

(Non c'era niente per me
Ho sempre finto il mio sorriso)

Ma sono frasi ingannevoli e John lo sà, perchè quello che cerca è dentro di lui, spesso però è così difficile uscire dal proprio nido di larva. E John muta di continuo da larva a farfalla:

I left my body
I left my fate

(Ho lasciato il mio corpo
Ho lasciato il mio destino)


Per quanto riguarda la musica, ponendo presenti gli evidenti punti di contatto con Hendrix per quanto riguarda gli assoli di elettrica, il resto non ha similitudini con la musica del passato americano. Il suo modo di scrivere e cantare in certi momenti mi ricorda molto di più i soul-singer inglesi tipo Graham Parker o addirittura Joe Jackson nelle fioche luci. Per dirla tutta, Frusciante ha un suono tutto suo, un suo stile riconoscibile ed è da considerarsi personaggio importante nel rock a cavallo dei due secoli.
Per concludere ricordo che in "Curtains", come nella maggior parte della sua produzione solista, è Frusciante a suonare tutti gli strumenti, escludendo piccoli interventi di tre ospiti (vedere i credits); in più produce e crea l' artwork per l' album. Ragazzo pieno di dubbi, ma deciso nel pieno controllo della sua musica non c'è che dire...

Credits:

John Frusciante Synthesizer, Guitar (Acoustic), Piano, Strings, Bass (Electric), Guitar (Bass), Guitar (Electric), Vocals, Melodica, Producer, Mellotron, Design, Treatments, Audio Production, String Ensemble
Bernie Grundman Mastering
Carla Azar Drums
Ryan Hewitt Engineer, Mixing, Audio Engineer
Chris Holmes Mixing, Audio Engineer, Additional Production
Dave Lee Equipment Technician
Mike Piscitelli Design
Omar Rodriguez-Lopez Guitar
Ken Wild Double Bass, Bass (Upright)

1 The Past Recedes 3:53
2 Lever Pulled 2:22
3 Anne 3:35
4 The Real 3:06
5 A Name 2:03
6 Control 4:31
7 Your Warning 3:33
8 Hope 1:56
9 Ascension 2:52
10 Time Tonight 3:12
11 Leap Your Bar 2:36




BUY THIS ALBUM

martedì 19 gennaio 2010

Pulse - Pulse (Poison Ring 1969)



Band misconosciuta proveniente dal Connecticut, i Pulse sono artefici di un granuloso hard rock psichedelico con un cantante, Carl Augusto, di tono potente ed emotivo (sembra che in gola abbia secrezioni non maturate!).
Le chitarre sono in distorsione bilanciata con riff prettamente hard psichedelici e fughe verso l' immancabile blues : "Too Much Lovin'" per il lato più duro e "Thanks For Thinking Of Me" per quello più classico, quasi shuffle.
L' oscurità discende in pezzi come "Lo-Down", quasi un mantra sabbatthiano con Jack Bruce alla voce a spodestare Ozzy. Manco a dirlo ecco che in "She's Killin' Me" si perpetua la lezione Cream, direi alla lettera, con chitarra-basso-batteria e di nuovo il tono vocale imitativo.
Si respira più calma poi nella dinamica "Garden of Love" ,ma ci si riaggancia a suoni più duri immediatamente dopo con l' inno punk-garage-progressive di "My old boy".
Ho volontariamente saltato il terzo pezzo del disco, ponendolo per ultimo; credo sarete in accordo con me a definirlo apice dell' intero lavoro. "Hypnotized" è una piccola gemma psichedelica nascosta della storia del rock. Si, non stò scherzando. Con quel suo incedere rallentato, a tratti sonnifero, le chitarre wah-infuocate, la voce strappata e quel finto finale è un pezzo irresistibile.


Carl Augusto - vocals
Tom Violante - guitar
Bennett Segal - drums
Peter Neri - guitar
Richard "Sno Whyte" Bednarczyk - organ
Paul Rosanno - bass
Lance Gardner -bass

1.Too Much Lovin' (3:15)
2.Another Woman (7:37)
3.Hypnotized (4:37)
4.Thanks For Thinking Of Me (3:54)
5.Lo-Down (3:54)
6.She's Killin' Me (3:45)
7.Garden Of Love (3:33)
8.Amassilation (5:54)
9.My Old Boy (2:25)



domenica 17 gennaio 2010

Lucinda Williams - West (Lost Highway Records 2007)


Non sò proprio da dove cominciare, questo per me è davvero un disco bellissimo. Mi segue da quando è uscito, nel 2007.
Conoscevo già Lucinda Williams. Avevo sentito tutti i suoi dischi e mi ero soffermato su "Car Wheels on a Gravel Road" , il suo più grande successo commerciale e sull' ottimo "Live at the Fillmore" con l' incisivo Doug Pettibone alla chitarra solista. Quando uscì "West" quindi ero proprio dietro l' angolo. Devo anche dire che prima dell' ascolto avevo letto qualche intervista sui magazine italiani in cui la signora dichiarava di aver chiuso con dolore una storia d' amore e con più sofferenza assistito alla morte della madre. Mi aspettavo così un disco emotivo. E "West" lo è proprio. È un disco che non ha fretta, intimo ed incantevole, ma non certo rassicurante.

Complice del suono paludoso e notturno è la produzione di Hal Winner, chiamato dalla Williams dopo aver apprezzato il suo lavoro nel particolare "Strange Weather" di Marianne Faithfull e la chitarra dell' eclettico Bill Frissell.
Sui pezzi non dico niente. A me piacciono tutti, dal primo all' ultimo.
Solo un indizio: per chi ama "Oh Mercy" di Dylan, questo disco non vi deluderà, le atmosfere secondo me sono molto simili.
Voglio includere anche il bootleg "Rare LU" che tra i vari pezzi presenta versioni demo e dal vivo di West, a mio avviso ancora più belle di quelle presenti nel disco originale.

Detti questo disco al mio amico che non c'è più, l' ultima volta che lo vidi, quando partì per Berlino. Al telefono mi disse che questi pezzi erano diventati la sua ninna nanna.
Mi piace pensare che dal viaggio non sia ancora tornato e le sue notti siano ancora in compagnia di Lucinda.

Personnel

Lucinda Williams – lead vocals, acoustic guitar
Rob Burger – piano, organ, accordion
Doug Pettibone – acoustic, electric,, baritone guitar
Bill Frisell – acoustic, electric guitar
Tony Garnier – electric bass, double bass
Jim Keltner – drums, percussion
Jenny Scheinman – violins
Rob Brophy – viola
Tim Loo – cello
Hal Willner – turntable, samples
Gary Louris, Gia Ciambotti – background vocals

"Are You Alright?" – 5:18
"Mama You Sweet" – 4:45
"Learning How to Live" – 5:12
"Fancy Funeral" – 4:15
"Unsuffer Me" – 5:40
"Everything Has Changed" – 3:38
"Come On" – 4:53
"Where Is My Love?" – 5:23
"Rescue" – 5:35
"What If" – 5:41
"Wrap My Head Around That" – 9:07
"Words" – 3:33
"West" – 5:40





sabato 16 gennaio 2010

Salvation - 1st & Gypsy Carnival Caravan (ABC Rec 1968-1969)


Band psichedelica di San Francisco, i Salvation si formano nel 1967 con l' originale voce di Al Linde, Joe Tate alla chitarra, Artie McLean al basso, Art Resnick alle tastiere e Teddy Stewart alla batteria. Dopo qualche concerto al Golden Gate Park firmano per l' etichetta discografica ABC Records con la quale incidono i loro due dischi. Il primo, omonimo, nel 1968 e Gypsy Carnival Caravan nel 1969. L' anno successivo la band si scioglierà.
Anche se l' ambiente è quello psichedelico e Acid Rock dei Big Brother and The Holding Company, Doors e Canned Heat, gruppi per i quali i Salvation aprono i concerti, il loro suono è originalissimo ed è quindi difficile creare collegamenti con altre band. La batteria è davvero incredibile, in tutti i pezzi sembra ci sia un treno a guidare il gruppo, e poi il cantato svogliato di Al Lindle è trascinante, e così le loro canzoni ti si appiccicano addosso. Mi sono ritrovato molte volte a canticchiare "Cinderella". Forse a tentate un paragone il modo di cantare può ricordare il Dylan di "Highway 61 Revisited", ma chi non è stato influenzato da Mr. Zimmerman ?
Nei libri che possiedo i Salvation non sono menzionati, in rete non ho trovato quasi niente. Praticamente inesistenti. Io personalmente credo che un pò di notorietà se la meriterebbero.
Dite voi.

Artie McLean - bass
Teddy Stewart - drums
Joe Tate - guitar
U.S. Of Arthur - organ, keyboards
Tom Scott - flute, sax
Bill Plummer - sitar
Al Linde - vocal

Tracklisting:
01.Love Comes In Funny Packages
02.Cinderella
03.More Than It Seems
04.Getting My Hat
05.G.I. Joe
06.Think Twice
07.She Said Yeah
08.The Village Shuck
09.What Does An Indian Look Like
10.Hollywood 1923
11.Handles of Care
12.Yuk Yuk13 In the Evening
14.Salvation Jam
15.Come on over Here
16.What'll I Do #42















martedì 12 gennaio 2010

Puzzle - Puzzle (ABC Rec 1969)


Un bel disco oscuro di psichedelia americana. Niente di innovativo, ma sicuramente apprezzabile per il bel sound psichedelico.
Mi sono sempre domandato come mai dopo la metà degli anni settanta questi suoni spariscono dalle registrazioni. Sentite che profondità presenta l' amplificazione..senza dubbio gioca il fatto di suonare su amplificatori valvolari, ma il risultato è dato anche da un studio di microfonazione..chissà, magari posizionavano un microfono davanti all' amplificatore ed uno più lontano a catturare il suono d'ambiente..chi ne sà più di me si faccia avanti prego..Di certo lo faceva Jimmy Page, altro non sò.

Comunque i Puzzle sono un trio di Washington, D.C :
Tony Grasso (lead guitar-vocal),Curt Jonnie (bass guitar-vocal) e Mike Zack (drums-vocal). L' album è prodotto da Ed Kramer che vi suona pure il piano..chi è Ed Kramer ?...beh, ha suonato e prodotto con mezzo mondo rock, guardatevi la sua biografia QUI.
Una delle più famose collaborazioni di Kramer è stata per Jimi Hendrix e, guarda caso in alcuni pezzi di questo disco (ad esempio "Babe") lo stile chitarristico si rifà proprio al mago della Stratocaster.


CURT JONNIE bs, vcls
TONY GRASSO gtr, vcls
MIKE ZACK drms
plus
EDDIE KRAMER keyb'ds

01 Hey Medusa
02 Make The Children Happy
03 Working For The Rich Man
04 No Complaints
05 Got My Head Right Yesterday (Part One)
06 Babe
07 Piggy Back Ride
08 Golden Butterfly
09 Got My Head Right Yesterday (Part Two)

Little Richard & Jimi Hendrix - Friends from the Beginning (Ala Records 1972)


Al Hendrix (babbo di jimi): "Richard era l' idolo di Jimi. Mangerebbe un quintale di merda per unirsi alla sua band."
Nel 1964 grazie ad una audizione, Jimi entra nel gruppo di Little Richard, gli Upsetters.
Per l' imberbe e brufoloso Jimi è un sogno. E per chi non lo sarebbe!.. a soli ventidue anni essere la prima chitarra di Little Richard..ebbè..
Ma presto Jimi si accorge che le dinamiche all' interno del gruppo sono molto rigide e principalmente dettate dal monarca Richard.
"Sono il solo e unico Little Richard! Io sono il re del Rock and Roll, e sono l' unico che può permettersi di essere belli. Togliti subito quella camicia!"
Il ruolo di subalterno inizia a stare stretto a Jimi e in più i suoi progressi alla chitarra sono inarrestabili; Jimi è molto creativo, non ce la fa' più solo a tenere il ritmo e sfogare in mini assoli di dieci secondi.
E così, Jimi inizia la sfida e punzecchia di continuo il re del Rock and Roll.
A marzo Jimi si allontana dalla band per tentare la carriera solista. Il tentativo però viene subito vanificato dall' immprovviso ingaggio nella band di Ike e Tina Turner. Anche qui però "i suoi assoli spumeggianti divvennero talmente elaborati da diventare invadenti."

A Jimi stavano spuntando le ali e non avrebbe potuto continuare a suonare dentro bands altrui.
Prima del lancio di una carriera solista fulminea, Hendrix rientra per breve tempo nella band di Richard, e stavolta supera se stesso per le diavolerie inventate ai danni del pianista urlatore.
"In Aprile, appena prima di uno spettacolo a Huntington Beach, California, Jimi chiese a Rosa Lee" (Rosa Lee Brooks cantante in un gruppo femminile N.d.A.) "di fargli la permanente - gesto che doveva essere considerato un atto di ostilità nei confronti di Richard - e sul palco indossò una camicia da donna e un cappello a bolero. In più, Jimi si esibì in tutti i trucchi da palcoscenico che Richard gli aveva precedentemente proibito."
"Suonò la chitarra con i denti e fece finta di scoparsela ...tutto il pubblico andò fuori di testa."

Ecco che fa' capolino il Jimi Hendrix che tutti conosciamo.
E' la goccia che fà traboccare il vaso di Richard, che intervistato anni più tardi liquida la faccenda con questa frase : "Licenziai io Jimi Hendrix...Era un chitarrista dannatamente in gamba, ma era sempre in ritardo. Arrivava in ritardo al bus, flirtava sempre con tutte le ragazze e altre cose del genere."
E qui è il signor Richard ad essere DANNATAMENTE bugiardo.
Ma che ci volete fare, due galli nel pollaio sono troppi. E senza togliere niente ad Hendrix una lancia la dobbiamo spezzare anche per il collega-rivale. Little Richard è stato un animale da palcoscenico molto prima di Hendrix e la carica cristiano-luciferina che ha sciabordato nella sua musica è stata un evento unico. Certo non è stato uomo umile, fin da subito si è auto-proclamato re del Rock and Roll.

Ascoltando poi le loro produzioni musicali però credo si convenga nel definire di maggior spessore la carriera del ragazzo di Seattle. Hendrix oltre a Richard e Ike e Tina ha donato i suoi servigi a numerosi artisti americani ( Curtis Mayfield, Isley Brothers, Curtis Knight solo per citarne alcuni) e da tutti ha carpito lo stile, amalgamando piano piano al suo naturale impeto interpretativo. In più Hendrix riusciva a rieseguire e reinterpretare dischi interi di altri artisti con il minimo sforzo e con risultati incredibili. "All along the watchtower" rivisitata da lui ha costretto il suo autore originale (Dylan) ad eliminarla dalla scaletta nei concerti.
Dylan disse di non riuscire più a suonarla.
Sempre ad indicare il naturale genio di Jimi si racconta che nel tempo da lui trascorso nel Greenwich Village di New York riuscì a metabolizzare completamente il nuovo disco di John Hammond Jr. (figlio di John Hammond produttore).
"John Hammond Jr. Si trovava nel bel mezzo di un concerto quando un amico corse a interromperlo per dirgli che un tipo dall' altra parte della strada stava suonando pezzi tratti dal suo ultimo disco. Hammond aveva inciso il suo importante album 'So many roads', appena un anno prima, avvalendosi della collaborazione di un drappello di musicisti destinati a diventare superstar: Robbie Robertson, Levon Helm e Garth Hudson che sarebbero diventati membri di The Band; e inoltre Charlie Musselwhite e Mike Bloomfield. Hammond corse allo Wha (cafè) dove rimase sbalordito; Jimi suonava gli stessi passaggi che Robertson aveva eseguito in So many Roads, solo che li faceva meglio."

Per concludere voglio sottolineare che questo è un disco di LITTLE RICHARD con dentro Jimi Hendrix. Per questo non aspettatevi distorsioni e stridori di feedback!
Ma ve lo immaginate Jimi costretto a suonare solo qualche bicordo ?

Nota: I Brani virgolettati sono presi dall' eccellente libro "La Stanza degli Specchi" di Charles R. Cross. Un libro che parla della vita di Jimi tralasciando completamente la critica musicale dei suoi pezzi.
Il libro è in edizione economica Feltrinelli nella collana "Vite Narrate" e potete acquistarlo QUI



Personnel - tracks 1, 2, 4, 7, 10 and 11

Little Richard – vocals, piano
Dewey Terry - guitar
Glen Willings - guitar
Jimi Hendrix - guitar
Don "Sugarcane" Harris - bass, violin

Personnel - tracks 3, 5, 8, 9 and 12

Little Richard – vocals, piano, organ
Jimi Hendrix - guitar
Black Arthur - guitar
Henry Oden - bass

Personnel - track 6

Little Richard – vocals, piano


Whole Lotta Shakin' (3:01)
Goodnight Irene (2:49)
Keep a Knockin' (3:21)
Going Home Tomorrow (3:18)
Belle Stars (2:54)
Tutti Frutti (2:56)
Lawdy Miss Claudie (2:26)
Why Don't You Love Me (3:12)
Lucille (2:55)
Hound Dog (2:24)
Money Honey (2:26)
Funky Dish Rag (3:14)







domenica 10 gennaio 2010

Alex Oriental Experience - Tales Of Purple Sally (Wiska-Tont 1995)


Siete degli inguaribili seguaci del kraut rock ? Abitate in uno dei tanti quartieri multietnici delle nostre città ? Siete liberi di vedute ma non ce la fate più ad ascoltare il muezzin senza ritmo rock dell' islamico di fronte ? Avete provato a socializzare con il turco che gestisce il ristorante sotto di voi ma continuate tutti e due a guardarvi in cagnesco ?
Bene.
Masterizzatevi questo disco.
Infilatelo nel vostro stereo casalingo (meglio sarebbe un bell' HI-FI).
Aprite le finestre della vostra stanzetta.
Fate partire il cd e irradiate al di fuori questa musica.
Il risultato non tarderà a presentarsi.
Vedrete che l' islamico vi sorriderà quando vi incrocerete sul pianerottolo e il turco smetterà di essere prevenuto su di voi.
Alex oriental experience è un gruppo tedesco capitanato da Alexander "Alex" Wiska suonatore di Saz.
Questo disco è una compilation di pezzi dal 1970 al 1988. Le sessioni del 1972 vedono la partecipazione dei favolosi Can !




Alexander "Alex" Wiska (saz, vocals), Horst Stachelhaus (bass), Manfred "Manni" von Bohr (drums, percussion), Kurt Billker (drums), Rich Schwab (bass), Ufo Walter (bass), Marc zur Oven (drums), Xaver "Fischfinger" Fischer (keyboards), Fritz Randow (drums), Rosko Gee (bass), Matthias Keul (keyboards)

1. Ekmek
2. Patella Black
3. Turkish Tunes
4. Big boss smile
5. Derule
6. Monroe song
7. Silent farewell
8. Tales of purple sally
9. Anatoly highway
10. Call of the city
11. How half is the moon
12. Billy Mc Graw
13. Elements
14. Istanbulda
15. Dadaloglu
16. Kalender

venerdì 8 gennaio 2010

Grateful Dead - Dick's Picks Vol.4 (Arista 1970-1996)


Rocco il cane.
Willie il cane.
Rocco alias Frankie.
Willie alias Johnny.

Willie: Ehi Rocco, ieri mi sono ascoltato un concerto dei Dead. Bellissimo!
Rocco: Di che anno è il concerto ?
Willie: 1970, 13 Febbraio, Fillmore East di New York.
Rocco: Ehi amico è il periodo migliore per i Grateful Dead.

Rocco: Di loro concerti me ne sono ascoltato a centinaia e tutte le volte mi sono sorpreso..
Willie: Come sorpreso ?
Rocco: Ehi amico, sta' gente non fà mai la stessa versione di un pezzo !
Willie: Già, hai ragione Rocco. Improvvisano di continuo. Certo era gente che suonava dalla mattina alla sera.
Rocco: No, no, quello non vuol dire. Anche Neil Young suonava sempre, ma dal vivo i pezzi non l'ha mai improvvisati. E come lui tanti altri.
Willie: Si forse hai ragione.

Rocco: Sai che c' era in loro...quello spirito californiano di confine, contestatore e alternativo. Che in musica dava vita alle lunghe jam colme di buone vibrazioni. Per dirlo con due parole i Dead erano Outlaws mainstream !
Willie: Outlaws che !!??
Rocco: Si per dire fuorilegge inseriti in società. I Dead univano alla musica un discorso politico. Di nobile e alternativa visione di vita. Dei ribelli costruttivi.
Willie: Si Rocco parli della comune psichedelica di Haight Hasbury !
Rocco: Proprio quella ! È gente che si è saputa organizzare davvero, portando avanti il loro credo. Un pò come i Minor Threat nell' hardcore americano fine ottanta.
Willie: Eh Eh la band di Ian Mckaye aveva principi si, ma un pò diversi da quelli dei Dead. Niente droga, niente alcool, niente sesso occasionale. Straight edge fratello !
Rocco: Niente Straight edge per i Dead, certo...Mi è venuto in mente un avvenimento sui Dead.
Willie: Racconta racconta Rocco !
Rocco: Hai presente il festival del 69 ad Altamont organizzato dagli Stones come risposta a Woodstock ?
Willie: Si, gli Stones non volevano star fuori dalla torta psichedelica.
Rocco: Quando Jerry Garcia vide un biker degli Hell's Angels prendere a botte Marty Balin dei Jefferson Airplane decise di non suonare, abbandonando con tutta la band il festival.
Willie: Ah ah quello stronzo di Pete Townshend non l' avrebbe fatto di sicuro !
Rocco: Hai proprio ragione amico mio ! Ti ricordi a Woodstock come se la prese con Abbie Hoffman solo perché lui voleva fare un proclama di solidarietà a John Sinclair (leader delle pantere bianche e guida spirituale dei Motor City 5, al tempo in carcere per possesso di Marijuana.N.d.A.) durante la loro esibizione.
Willie: Oh allora ti ricordo quella volta a Cincinnati nel 1979 gli Who in concerto con il nuovo batterista Kenny Jones. Fuori dal palazzetto una calca incredibile fece perdere la vita a 11 ragazzi. E gli Who che fecero ?
Rocco: Che fecero Willie ?
Willie: Suonarono lo stesso !... Poi Pete Townshend disse che la tragedia gli fù comunicata alla fine, ma te ci credi ?
Rocco: Ehi amico, d' altronde Show Must Go On è nato in terra d' Albione !
Willie: Ah!

Willie: Ehi Rocco ..
Rocco: Dimmi Willie..
Willie: Come cazzo suonavano gli Who però..
Rocco: Una bomba amico. Una forza della natura.
Willie: Lo puoi dire forte.
Rocco: I Dead però sono un' altra cosa.
Willie: I Dead sono i Dead.
Rocco: Evviva i Dead !

I Dick's Picks sono registrazioni dei concerti dei Grateful Dead eseguite dal tape archivist Dick Latvala. Ad oggi si contano 36 volumi che abbracciano tutta la loro carriera negli anni.
Concordo pienamente con i Deadheads (Grateful Dead fans) a considerare il qui presente volume 4 il più bel concerto dei Dead.
Buon ascolto freaks !



Jerry Garcia - lead guitar, vocals
Mickey Hart - drums
Bill Kreutzmann - drums
Phil Lesh - electric bass, vocals
Ron "Pigpen" McKernan - organ, percussion, vocals
Bob Weir - guitar, vocals

Cd1:

Intro by Zacherle
Casey Jones
Dancin' In The Streets
China Cat Sunflower
I Know You Rider
High Time
Dire Wolf
Dark Star

Cd 2:

That's It for the Other One
Lovelight

Cd3:

Alligator
Drums
Me and My Ancle
Not Fade Away
Mason's Chindren
Caution
Feedback
We Bid You Goodnight

Questo video non è tratto dal concerto suddetto, ma è una loro esibizione del 1970.

mercoledì 6 gennaio 2010

The Soft Machine - The Early Years (Bootleg)


Ho sempre un pò snobbato i Soft Machine per i loro pezzi poco melodici , ma mi sbagliavo di grosso. Se amate la psichedelia e cercate composizioni originali dovete proprio ascoltare questo disco. Dimenticatevi le digressioni atonali jazz rock dei dischi più conosciuti dei Soft Machine perchè questo bootleg del gruppo inglese racconta proprio il loro primo periodo più psichedelico.

Attrazione principale dell' UFO club di Londra insieme ai Pink Floyd e Tomorrow, i Soft Machine nascono dalle ceneri dei Wilde Flowers di Canterbury. Nella loro prima formazione con il nome preso dal libro di Burroghs "La Morbida Macchina" ci sono piccoli geni : quel polpo creativo di Robert Wyatt alla batteria e alla voce, quel gattone bohémien di Kevin Ayers con la voce di un baritono, il fantastico Daevid Allen alla chitarra e il creativo Mike Ratledge alle tastiere (piano e organ).
Se siete stati scettici come me sulla produzione discografica dei Soft Machine, dopo questo ascolto, riprenderete in esame tutto il resto. Si, perché dietro i dischi dei Soft Machine c'è una ricerca musicale che inizia proprio nel primo periodo, per poi continuare nei dischi successivi. Come dire, a me mancava la prima puntata!..È un pò come quando siamo davanti ad un opera d'arte pittorica, il primo sguardo è avaro di rivelazioni. Per i Soft Machine è lo stesso, l' ascolto e il riascolto illumina i vari livelli della loro musica, ed è quindi importante partire dalle fondamenta dell' opera.

Poi se vi piace la produzione solista di Kevin Ayers qui c'è proprio pane per i vostri denti. Sentite "We know what you mean" oppure "Why Are we sleeping" e sarete catapultati direttamente nel primo di Ayers "Joy of a Toy".
E la psichedelia più bella arriva proprio con il pezzo di Ayers "Joy of a Toy" con una fantastica chitarra felpata ed effettata con un probabile pedale wah, con Wyatt elegante e mai invasivo, sempre incalzante, trascinatore e creativo. Già dal secondo disco senza Ayers e poi dal quarto disco in poi senza Wyatt i Soft Machine saranno davvero un altro gruppo, a mio avviso più tedioso.
La fantasia psichedelica che mi ha tanto sorpreso è in "Feelin Reelin Squeelin" dove Ayers baritono e Wyatt voce più soul si alternano nel canto. Un pezzo davvero splendido. E poi c'è il fantastico hard psichedelico di "I Should've Known", disarmante!

Il bootleg racchiude registrazioni effettuate alla BBC inglese nel 1967, sessioni del 1966, 45 pollici del 1967, tracce diverse di pezzi del 1968 e 2 singoli per il primo suddetto album di Ayers dove infatti c'era la band al completo.
Ricordo che, anche se i Soft Machine sono ufficialmente nati nel 1966 il loro primo disco viene dato alle stampe nel 1968. Quindi il bootleg in questione (non è il solo intendiamoci) unito a "Jet propelled photograph" (Charly 2003- che presenta un live del 1967) documentano un periodo conosciuto solo da chi ha avuto la fortuna di vederli dal vivo in quel periodo (ci siete anche voi vero?).
Oltre ai numerosi concerti all' UFO e al suo successore Middle Earth i Soft Machine furono protagonisti della memorabile serata Londinese "14hour technicolor dream" insieme ai Floyd, Tomorrow, Creation, Move, Yoko Ono, Pretty Things, Graham Bond, Alexis Korner, Pete Townshend ed altri a celebrare la nuova scena psichedelica inglese.
Ultima cosa, quando ascoltate i primi due pezzi non spaventatevi non sono i 13th floor elevators a suonare.


Kevin Ayers (basso), Robert Wyatt (batteria e voce), Daevid Allen (chitarra) e Mike Ratledge (tastiere)


01-Contusions-(Summer 1966 Session)

02-Another Lover Has Gone-(Summer 1966 Session)

03-Fred The Fish-(from 1967 45'')

04-Feelin' Reelin' Squeelin-(from 1967 45'')

05-I Should've Known (Recorded in UK 1967)

06-I'm So Low (Recorded in UK 1967)

07-We Know What You Mean-September 22,1967-Hoepla TV,Holland

08-I Should've Known -September 22,1967-Hoepla TV,Holland

09-Clarence In Wonderland-(BBC Recording 12-5-67)

10-We Know What You Mean-(BBC Recording 12-5-67)

11-Certain Kind-(BBC Recording 12-5-67)

12-Hope For Happiness-(BBC Recording 12-5-67)

13-Lullaby Letter-(BBC Recording 12-5-67)

14-She's Gone-(from 1967 45'')

15-I Should've Known-(from 1967 45'')

16-Lullabye Letter-(oops version of the 1968 released tracks)

17-Hope For Happiness-(oops version of the 1968 released tracks)

18-Save Yourself-(oops version of the 1968 released tracks)

19-Joy Of A Toy-(From Mono Single Released Early 1969)

20-Why Are We Sleeping-(From Mono Single Released Early 1969)










lunedì 4 gennaio 2010

Third Ear Band - Macbeth (Blueprint 1972)


L' avevo detto che sarei tornato a parlare di folk inglese, ed ecco quà. Il disco è il terzo della Third Ear Band, ovvero la colonna sonora di Macbeth di Polanski.
Certo definire folk i Third Ear Band è davvero ingiusto. La loro strumentazione usata non è certo usuale nel mondo del folk-rock: tablas, oboe, viola e violoncello sono i principali protagonisti dei loro primi due, ipnotici, lavori.
La colonna sonora del Macbeth di Polanski è il loro terzo album. La critica lo definisce minore rispetto ai precedenti, ma è un disco particolare e degno della loro breve produzione.
Apro parentesi, i Third Ear Band si sono riformati nel 1988 grazie all' interessamento del critico Italiano Luca Ferrari, registrando per l' etichetta Materiali Sonori.
Avvicinatevi al disco in questione come viandanti in una nebbiosa vallata e scoprirete cinguettii, stridori ed improvvise profondità. Godetevi l' affresco di suoni, l' uso parsimonioso ed elegante di corde elettriche, il testardo incedere delle percussioni, il volo degli oboe che si rincorrono nell' eco della valle.
Oltre ai musicisti originali, Glen Sweeney tablas, Paul Minns oboe, Richard Coff viola e Mel Davis violoncello, nel Macbeth si aggregano il violinista Simon House e il violoncellista Paul Buckmaster. Simon House proviene dagli High Tide ed è stato spesso definito l' Hendrix del violino per il suo piacevole virtuosismo. Qui in questo caso il fascino delle sue note risiede nel sibilo, antico e a volte dissonante del richiamo etereo. Il legno del suo strumento scricchiola richiamando oscure e magiche apparizioni esoteriche.
Oppure vorteggia libero, inseguito dai flauti e dai suoni degli uccelli.
La musica dei Third Ear Band è un insieme indefinibile di esoterismo, minimalismo, tradizione e psichedelia.
Una meravigliosa e suggestiva pagina di musica alternativa di indubbia originalità , fuori dagli schemi e da tutte le definizioni.


01. Overture
02. The Beach
03. Lady Macbeth
04. Inverness: Macbeth's Return/The Preparation Fanfare/Duncan's Arrival
05. The Banquet
06. Dagger And Death
07. At The Well/The Princes' Escape/Coronation/Come Sealing Night
08. Court Dance
09. Fleance
10. Grooms' Dance
11. Bear Baiting
12. Ambush/Banquo's Ghost
13. Going To Bed/Blind Man's Buff/Requiescant/Sere and Yellow Leaf
14. The Cauldron
15. Prophesies
16. Wicca Way

Paul Minns - oboe
Glen Sweeney - batteria
Paul Buckmaster - violoncello, basso
Simon House - violino
Denim Bridges - chitarra

venerdì 1 gennaio 2010

Arzachel - Arzachel (Akarma 1969 -1994)


Registrato in solo otto ore Arzachel è un disco di psichedelia inglese con forti accenti progressive. I musicisti provengono dal gruppo Uriel attivo dal 1967, ma per esclusive contrattuali dovranno cambiare nome in Arzachel, usando loro stessi degli pseudonimi. E così, sotto i nomi Basil Downling, Simeon Spassarella, Njerogi Gategaka, Sam Lee Uff si celano rispettivamente Clive Brooks (batteria) Steve Hillage (chitarra) Mont Campbell (basso) e Dave Stewart (tastiere).
I pezzi:
In "Azathoth" un maestoso organo ecclesiastico sopra un ritmo lento ed ipnotico sostiene cori da cattedrale fino ad arrivare ad un picco di distorsione totale. È un religioso paradiso-Inferno.
"Queen St. Gang" con un giro tanto simile a Lola dei Kinks sembra un pezzo dei contemporanei Air, incredibile.
È con "Leg" che ci avviciniamo al blues con chitarra e organo in saturazione, si fonde così l' impeto di Detroit e il boogie blues del southern-rock. Un pezzo molto americano.
"Clean Innocent Fun" voce e chitarra all' unisono su paraboliche frasi blues ricorda i Cream più allucinati.
"Metempsychosis" è una lunga suite improvvisata nel cui cuore sprizzano voci e rumori spaziali. In gran parte dei 16 minuti del brano si possono udire echi floydiani. In tutto il disco comunque si presentano tanti passaggi che ricordano i Pink Floyd, a volte quelli del primo periodo con Barrett, come in quest' ultimo pezzo, e a volte quelli del periodo Meddle.

Tracks:

1.Garden of Earthly Delights
2.Azathoth
3.Queen St. Gang
4.Leg
5.Clean Innocent Fun
6.Metempsychosis

Band:
Steve Hillage (chitarra e voce), Dave Stewart (tastiere, Clive Brooks (percussioni) e Mont Campbell (basso e voce)